Taoismo e “spiritualità”

Durante questi anni di insegnamento mi è capitato spesso che qualche studente affrontasse l’argomento “spiritualità”. Domande come: “Questa pratica contribuirà al mio sviluppo spirituale?”, oppure: “Ma quando parliamo di Spirito, di Shen, di energia spirituale, cosa intendiamo?”, oppure ancora: “Cosa dice il taoismo rispetto alla spiritualità?”.

Del resto perché non ci si dovrebbe porre domande simili? Quando ci si avvicina a pratiche di coltivazione del se è perché si ha la sensazione che vi siano aspetti incompleti di noi stessi che vorremmo coltivare, raffinare o quantomeno indagare maggiormente.

Forse il concetto stesso di spiritualità, in un certo senso, è persino sopravvalutato. Se consultiamo un  vocabolario, alla voce “spiritualità” troviamo la seguente descrizione: “Particolare sensibilità e profonda adesione ai valori spirituali”

Ma cosa si intende per valori spirituali? Tipicamente un “percorso spirituale” può essere considerato un cammino verso una maggiore consapevolezza, un cammino verso la comunione con il “divino”. Qualunque cosa questo voglia dire, anche in dipendenza del nostro credo religioso, se ne abbiamo uno.

Insomma, un percorso che ci avvicini maggiormente a una qualcosa di apparentemente lontano e forse difficile da raggiungere.

Le religioni – che in teoria dovrebbero contribuire ad avvicinare le persone al “divino”, o per meglio dire al divino che è in noi – ottengono generalmente l’effetto contrario per tutta una serie di ragioni che non affronteremo in questo breve articolo.

Dal mio punto di vista, per affrontare la questione in modo forse più interessante e costruttivo, può essere utile esaminare alcuni aspetti legati alla visione cosmologica del Taoismo.

Quando si parla di “spiritualità” si tende automaticamente a contrapporla a qualcosa che, evidentemente, non è spirituale. Come se vi fosse una differenza tra ciò che è legato allo spirito e ciò che è invece, per esempio, legato maggiormente alla materia. Qualcosa di nobile, contrapposto a qualcosa di più “volgare” per usare un termine allusivo alle questioni alchemiche.

Ma questa differenziazione è arbitraria poiché la materia si polarizza proprio dallo spirito. È il nostro spirito originario che si polarizza nel corpo ogni giorno e in ogni momento, non il contrario.

Per dirla con una battuta, quindi, non c’è nulla che non sia già altamente “spirituale” nella nostra essenza umana.

Noi proveniamo dal Tao, siamo parte del Tao e al Tao, diciamolo così anche se impropriamente, torneremo.

Il nostro Spirito Originario, l’essenza di quello che siamo, si è separata dal Tao per sperimentare il corpo, la materia, la vita terrena. Sono concetti in cui il linguaggio non aiuta perché siamo costretti a verbalizzare qualcosa che non ha origine nella materia e non sottostà alle leggi della materia. Dire quindi che ci siamo “separati” dal Tao è in realtà impreciso, potremmo dire forse meglio che il nostro Spirito Originario ha cristallizzato nella materia una parte di se stesso. Polarizzandosi grazie alla continua pulsazione di Yin e Yang si è dunque dotato di un corpo fisico con il quale fare esperienza nel mondo.

Se è dunque attraverso il corpo che il nostro spirito fa esperienza, ne consegue anche che il corpo e lo spirito sono solo apparentemente separati.

Abituati come siamo a percepire la realtà attraverso i sensi fisici, abbiamo l’illusoria percezione che è attraverso questi che possiamo coltivare lo spirito, che questi sensi sono solo uno strumento utile per il piano terreno e che prima o poi trascenderemo il corpo.

E’ invece più vero il contrario, lo spirito continua a sperimentare se stesso nella materia grazie al corpo. Si tratta dunque di un dialogo costante tra l’origine e il qui ed ora.

Un dialogo a volte difficoltoso perché il linguaggio utilizzato in questi differenti piani di coscienza è, appunto, diverso. Abbiamo quindi spesso la sensazione che quello che stiamo cercando sia fuori da noi oppure, nella migliore delle ipotesi, parte di noi ma tutto sommato difficilmente raggiungibile.

E questo – soprattutto quando subentrano aspetti religiosi che demandano al dio di turno, il giudizio sul nostro operato – questo dialogo diventa ancora più difficile. Perché la polarità aumenta.

Il concetto di polarità ci riporta agli aspetti cosmologici. Quando ci siamo “cristallizzati” nel corpo, abbiamo polarizzato una parte della nostra energia in yin e yang creando, appunto, polarità.

La polarità è perfetta per operare nel piano terreno/fisico, ma è un freno quando vogliamo tornare a dialogare con l’Origine.

Il nostro Spirito Originario è sempre presente ma in una dimensione diversa da quella della materia. Da qui continua a cristallizzare pensieri, intuizioni, emozioni dentro di noi e fuori da noi (un altro concetto da tenere in considerazione) nel piano terreno, ma a noi sembra che tutto ciò avvenga solo qui, in quest’ultimo. Abbiamo questa sensazione perché siamo abituati a percepire la realtà solo con il corpo e le sensazioni (fisiche) che questo ci propone. Ci è stato insegnato a percepire la “realtà” attraverso i cinque sensi. Quando usiamo altri “sensi” spesso ce ne stupiamo e non sappiamo collocare le esperienze che ne derivano.

Questo avviene per esempio durante la pratica della meditazione. La polarità piano piano si dissolve e riusciamo a osservare altrove, grazie a una mente tranquilla.

Se ci fermiamo per un momento a pensare ai sogni, ci rendiamo conto che possiamo percepire emozioni, sensazioni, pensieri e addirittura manifestazioni fisiche, senza che il corpo venga minimamente coinvolto. Sensazioni ed emozioni che perdurano anche al risveglio. Come è possibile? La psicoanalisi ci offre chiavi di lettura interessanti, ma poco utili in questo contesto specifico.

La risposta “taoista” è che la nostra coscienza è già parte del “divino”, è già connessa al Tao e di conseguenza all’origine di tutte le cose. Non vi è un prima, non vi è un dopo, ma “solo” un eterno presente in cui il Tao (e di conseguenza noi, come sua parziale manifestazione) continua a scoprire, evolvere e a far rinascere se stesso.

Per questa ragione non esiste nascita, non esiste morte ma un continuo e infinito stato di esistenza e trasformazione. Quando iniziamo a capire questo, ci rendiamo conto che la nostra esistenza è ancora più incredibile, meravigliosa e infinita di quanto pensassimo.

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